Questa volta le mie riflessioni sul mondo dei media partono dalle diverse reazioni a uno degli ultimi articoli di questo blog, chiaramente provocatorio.
L’articolo in questione è E SEIL 2018 FOSSE L’ANNO DI UN NUOVO GRANDE MEDIA NAUTICO?, pubblicato sul “Blogliaccio” il 29 dicembre scorso.
Non sto qui a fare un’analisi dei commenti che ho ricevuto a “quattr’occhi” o che mi sono stati fatti arrivare, la farei se questi stessi commenti fossero stati postati sul blog in risposta all’articolo per avviare uno scambio di opinioni, che poi era il motivo del pezzo stesso.
Ciò che ho scritto in quel pezzo troppo lungo è una riflessione da cui mi sarei aspettato di poter avviare, come in effetti è successo con alcuni, scambi costruttivi con analisi dirette anche verso soluzioni diverse da quella da me ipotizzata. Del resto non ho certo la presunzione di sapere quale sarà il media ideale del futuro nel nostro settore, quello che so è che oggi tra i comunicatori e le aziende si sente il bisogno di trovarlo, quindi, fare analisi, che implica il fare ipotesi anche apparentemente irrealizzabili, fa parte del gioco.
Posto che la velocità del cambiamento sociale propria del nostro tempo – sempre a mio modesto avviso – impone di avere l’umiltà di valutare le tendenze per poter rispondere in modo efficace, ritengo che considerare oggi inviolabili certi schemi porti inevitabilmente all’estinzione.
Del resto, Darwin e non io, affermò che a sopravvivere non è il più forte ma colui che meglio si adatta al cambiamento.
Sono oggi ancor più convinto che sia necessario riflettere sui processi evolutivi in atto nell’uso delle informazioni, che siano di pubblica utilità o a beneficio di chi vuole distrarsi con argomenti piacevoli, come potrebbe essere la nautica. A cristallizzare questa mia convinzione è stata proprio la reazione di alcuni.
Non sono un editore, ma onestamente se lo fossi dedicherei parte del mio tempo a fare analisi in questa direzione, per provare a ipotizzare cosa sarà il mio media tra cinque anni.
Blogger e social media “influencer” che contano centinaia di migliaia di follower, alcuni anche su temi di nicchia, testate convenzionali che stampano poche migliaia di copie, post su Facebook che raggiungono decine di migliaia di reazioni in poche ore, questi sono fatti, nulla più dei numeri fornisce un dato concreto da cui partire. Poi i numeri sono fatti di tante cose, come l’acquisto di click, le comunicazioni pompate, l’aggiunta di zeri sulle tabelle che nessuno mai si prenderà la briga di controllare, ma, gli strumenti per misurare in modo incontrovertibile sapendo anche quale sia l’origine dei numeri ci sono. Certo, posso misurare realmente tutto ciò che è on-line e difficilmente ciò che è off-line, ma riguardo l’off-line credo onestamente che per avere un’idea concreta sui numeri basti valutare alcuni dati come la riduzione delle edicole su territorio nazionale, il numero di copie di qualsiasi giornale o magazine vendute dalle edicole – motivo per cui chiudono – oppure, si può fare un sondaggio tra amici, parenti e conoscenti (io l’ho fatto e lo aggiorno di frequente) per valutare quanti ogni giorno, settimana o mese acquistano pubblicazioni cartacee.
Trovo talmente banale ormai, ammettere che abbiamo tutti cambiato modo di informarci che non capisco chi ritiene il modello del passato ancora in grado di sopravvivere.
Ripeto, sono tra chi sostiene che la carta non morirà mai come supporto per la diffusione di notizie, informazioni, dati, cultura e tutto ciò che su carta si può trasferire mediante i sempre più sofisticati sistemi di stampa. Sono però convinto, e qualcuno mi perdonerà se mi ripeto, che sia insito nella sua sopravvivenza l’adattamento alla sua funzione di supporto complementare all’on-line.
Questa è la sintesi del mio pensiero, questo il significato del precedente pezzo, questo qualcosa su cui mi fermo spesso a riflettere e fare analisi.
Non credo ci sia nulla di sconveniente, così come non credo certe riflessioni possano nuocere alla mia immagine, che poi…ve beh.
Certo, se fra cinque anni dovessero vivere di pagine di pubblicità su carta dieci magazine italiani dedicati alla sola nautica da diporto, i miei pensieri odierni sarebbero clamorosamente smentiti, ma continuerei a non vergognarmi di averli fatti, sarei piuttosto sorpreso e anche un po’ impreparato.